Cum-Scientia. Unità nel dialogo
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<p class="p1">La rivista, in versione rinnovata, intende rilanciare la centralità della <em>coscienza</em>, valorizzandone l’<em>atto</em>, ossia quel sapere che accompagna, condizionandolo, ogni suo contenuto e che è il medesimo per ciascun soggetto. Le differenze costituiscono i punti di vista, mentre l’intenzione di verità si esprime nel <em>dialogo</em>, il quale, rivelando il limite di ogni opinione, consente di pervenire a quell’<em>unità</em> che emerge oltre le differenze stesse.<span class="Apple-converted-space"> </span>La nuova veste e la collocazione <em>open access </em>consentono di configurare una <em>agorà</em> aperta al contributo di quegli studiosi che si propongono di fare argine alle concezioni riduzionistiche e materialistiche di fatto dominanti nella cultura contemporanea. Alla rigidità di queste intendiamo opporre l’<em>apertura</em> che è propria del dialogo, il quale consente di oltrepassare il limite della <em>doxa, </em>sospinto verso l’<em>episteme</em> proprio dalla luce della coscienza.</p>Morlacchi Editoreit-ITCum-Scientia. Unità nel dialogo2612-4629<p><a rel="license" href="http://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/"><img alt="Licenza Creative Commons" style="border-width:0" src="https://i.creativecommons.org/l/by-nc/4.0/88x31.png" /></a><br />Quest'opera è distribuita con Licenza <a rel="license" href="http://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/">Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale</a>.</p>L' unità che immane all’esperienza
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<p class="p1">After having clarified that empirical reality does not configure the <em>objective reality in itself</em>, which is <em>undeniable</em>, but the <em>objectual reality</em>, which is bound to the subject and is only <em>inevitable</em>, this paper indicates the <em>three levels</em> at which experience can be disposed, according to whether it is grasped perceptively, by means of formal reason or by means of the <em>act of consciousness</em>, which is the <em>intention of truth</em>, that is, the intention directed to the <em>unitary</em> <em>foundation</em> of the experience itself. </p> <p class="p1">Dopo avere chiarito che la realtà empirica non configura la <em>realtà oggettiva</em>, in sé stante, la quale è <em>innegabile</em>, ma la <em>realtà oggettuale</em>, vincolata al soggetto, la quale è solo <em>inevitabile</em>, il presente scritto indica i <em>tre livelli</em> in cui l’esperienza può venire disposta, a seconda che venga colta percettivamente, mediante la ragione formale o mediante <em>l’atto di coscienza</em>, che è l’<em>intenzione di verità</em>, ossia l’intenzione rivolta al <em>fondamento unitario</em> dell’esperienza stessa.</p>Aldo Stella
Copyright (c) 2022 Aldo Stella
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2022-12-142022-12-1448151510.57610/cs.v4i8.173Uno senza secondo: la Mediazione, la Coscienza, il Testimone
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<p class="p1">The highest point of the Consciousness existence is its state-role of Witness; in this state only one can obtain the total mediation, that is the total freedom from the Other, expressed in the metaphysical condition of the One without the second, the true Release</p> <p class="p1">Il punto apicale della vita della Coscienza è la sua figura come Testimone, nella quale solamente si perviene alla mediazione totale, ossia alla totale libertà dall’Altro, che si esprime nella condizione “metafisica” dell’Uno senza secondo, ossia: vera liberazion</p>Paolo De Bernardi
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2022-12-142022-12-1448171710.57610/cs.v4i8.171Complessità, quanti, relazioni
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<p class="p1">Discussing Morin’s theorization of complexity and Rovelli’s relational interpretation of quantum mechanics (in particular of entanglement), this article investigates the possibility of a renewed dialogue between science and philosophy, capable of overcoming the constitutive prejudices of the “school of mourning” (Morin), in the recognition of the structurally “relational” character of physical reality (of the “finite”) and in the awareness that relation (authentically and philosophically understood) is the <em>act</em> of transcending any finite determination.</p> <p class="p1">Discutendo la teorizzazione della complessità, fatta da Morin, e l’interpretazione relazionale della meccanica quantistica (in particolare dell’<em>entanglement</em>) di Rovelli, l’articolo indaga la possibilità di un rinnovato dialogo tra scienza e filosofia, capace di superare i pregiudizi costitutivi di quella che Morin chiama “scuola del lutto”, nel riconoscimento del carattere strutturalmente “relazionale” della realtà fisica (del “finito”) e nella consapevolezza che la relazione (autenticamente e filosoficamente intesa) è <em>atto</em> del trascendersi di ogni determinazione finita.</p>Piergiorgio Sensi
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2022-12-142022-12-1448222210.57610/cs.v4i8.172Paolo Zellini: La dittatura del calcolo
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<p class="p1">Paolo Zellini, a mathematician by profession, supports the thesis of a domination of algorithms in contemporary society. The reasons for this domination – an authentic dictatorship – are to be traced not so much, or not only, in the usefulness that these calculation procedures offer but, above all, in the connection that exists a) with the foundational research in mathematics developed at the turn of the nineteenth and of the twentieth century and b) with the symbolic meanings that numbers and algorithms have had in the ancient philosophical and wisdom traditions. In this paper we try to show that the arguments proposed by Zellini are not effective. For two reasons: a) the attempt to identify in the work of the mathematician Richard Dedekind the development of an algorithmic procedure capable of capturing the actual infinite is not convincing and b) the ontology of algorithms proposed by Zellini is not convincing because it does not takes into account the theoretical results achieved by John Searle’s social ontology and Robert Brandom’s post-Wittgensteinian and post-Sellarsian inferentialist pragmatism.</p> <p class="p1">Paolo Zellini, matematico di professione, sostiene la tesi di un dominio degli algoritmi nella società contemporanea. Le motivazioni di questo dominio – una autentica dittatura – sono da rintracciare non tanto, o non soltanto, nell’utilità che tali procedure di calcolo offrono quanto, soprattutto, nella connessione che sussiste a) con le ricerche fondazionali in matematica sviluppatesi a cavallo del XIX e del XX secolo e b) con i significati simbolici che numeri e algoritmi hanno avuto nelle antiche tradizioni filosofiche e sapienziali. In questo scritto si cerca di far vedere che gli argomenti proposti da Zellini non sono efficaci. Per due ordini di ragioni: a) non convince il tentativo di individuare nell’opera del matematico Richard Dedekind la messa a punto di una procedura algoritmica capace di catturare l’infinito attuale e b) non convince l’ontologia degli algoritmi proposta da Zellini, perché non tiene conto dei risultati teoretici raggiunti dall’ontologia sociale di John Searle e dal pragmatismo inferenzialista post-wittgensteiniano e post-sellarsiano di Robert Brandom.</p>Francesco Gusmano
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2022-12-142022-12-1448191910.57610/cs.v4i8.175