Luca Martignani, Estetica sovversiva. Sulla rappresentazione e gli oggetti culturali, Ombrecorte, Verona, 2022, pp. 119.

Autori

  • Matteo Bortolini

DOI:

https://doi.org/10.57611/qts.v2i2.303

Parole chiave:

estetica, oggetti culturali

Abstract

C’è un passaggio, in Estetica sovversiva, che meglio di altri restituisce il senso e il passo di questo libretto, smilzo di pagine ma non di spunti e intuizioni, come si conviene a un libro pubblicato all’inizio degli anni Venti. Parla, Luca Martignani, di primato dell’estetico sul funzionale, e di come la narrazione, la rappresentazione – ma verrebbe da dire la figura, come messa in forma simbolica che astrae e ricompone – possano costituire un tipo soggettivo di critica “che appartiene alla realtà (la si pensa, la si scrive, la si pubblica e la si legge) e che al tempo stesso la eccede (immaginando di correggerla e superarla)” (p. 47). Martignani sta parlando di Bianciardi e La vita agra ma vuole destarci dal sogno della critica per come ancora la vogliamo vedere (e pensare, e scrivere, e pubblicare, e discutere) nelle cose o nelle persone (parola arrischiata dove tutto è tras/figurato ancora prima di cominciare). Già, perché i primi due capitoli, dedicati rispettivamente alle figure del dandy e dello skin, paiono dirci che sì, Adorno è morto, Foucault è morto e neanche Žižek si sente tanto bene, ma forse la critica, la sovversione, l’alternativa si trovano in re nei modi individuali(stici) del dandy e nelle sottoculture, in pratiche agite davvero – non come Adorno, ma forse come Foucault (di Žižek parliamo dopo). Perse l’intellettualità e la massa – con il dandy anti-massa e gli skin anti-quelli-che-benpensano, come non (ben)pensarlo – rimangono i mondi piccoli ma non gretti, i ripiegamenti non ripiegati, ma anche le antropotecniche dove “estetizzante” non necessariamente significa “depotenziato” o “disinteressato” o “distaccato”, anzi. Arrivati al terzo capitolo, però, la bomba non scoppia. L’anarchico si ritrae. La metropoli lo assorbe e lui diventa un borghese piccolo piccolo. È una storia in cui non si può essere heroes neanche just for one day. E non basta evocare (o invocare) piattaforme – Nietzsche, Deleuze, Foucault o Houellebecq? Va bene qualunque risposta, basta che non sia “Habermas” (p. 45 ss.). La trincea è persa, ed è persa nella figura di una trincea.

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Pubblicato

2023-12-14