Per una sociologia del fenomeno Croce
Parole chiave:
Teoria dei campi, dominio simbolico, intellettuale totaleAbstract
Parafrasando Croce stesso e la sua celebre affermazione sull’influenza del cristianesimo nella cultura occidentale, “si può non dirsi crociani”? Oggi una risposta affermativa a un quesito del genere apparirebbe totalmente priva di qualunque senso di realtà, ma è un fatto che per lungo tempo non fu così e, almeno nel nostro Paese, intere generazioni – entusiasti alcuni, obtorto collo altri – non poterono formarsi se non misurandosi direttamente con Croce e la sua scuola. Persino autori che daranno vita a esiti culturali e/o politici completamente differenti, quali Gramsci o De Martino, non poterono assolutamente prescinderne: se De Martino concepiva, per sua stessa ammissione, l’intera sua opera come un tentativo di ripensare la problematica etnologica nei termini crociani di un “allargamento dell’autocoscienza della nostra civiltà”, Gramsci (1948) poteva sostenere la necessità di una “resa dei conti” con Croce (“un intero gruppo di uomini” che “per dieci anni” si dedichi all’elaborazione di un “Anti-Croce” capace di avere per i contemporanei lo stesso effetto dell’“Anti-Dühring” nella generazione precedente) proprio in quanto gli attribuiva un peso enorme, niente di meno che il ripristino del prestigio nazionale del pensiero rinascimentale italiano e insieme l’eredità più pura della filosofia classica tedesca.
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