Pensare in tempo di guerra
Parole chiave:
Irreligiosità, idolatria, misticaAbstract
Il 15 aprile 1943 Simone Weil venne trovata riversa a terra in una stanzetta appartata dell’immobile dove aveva sede il Commissariato degli Interni di France libre, la principale formazione della resistenza esterna, riunita a Londra intorno al Generale De Gaulle. Era sbarcata a Liverpool il 25 novembre dell’anno precedente, ma solo il 14 dicembre aveva preso servizio presso il Commissariato. A New York, dove s’era recata per mettere in salvo i genitori, aveva speso i suoi giorni in un affannoso andirivieni da un ufficio all’altro, incontrando persone influenti in grado di appoggiare il suo Progetto di una formazione di infermiere di prima linea, la forma con cui, personalmente, intendeva prender parte alla guerra di liberazione in Francia. Da lì, aveva scritto parole accorate all’amico Maurice Schumann, portavoce di De Gaulle, confidandogli le ragioni intime che la spingevano a rivendicare per sé quella particolare modalità di servire nella resistenza nel luogo del massimo pericolo: “La sventura diffusa sul globo terrestre mi ossessiona e mi schiaccia a tal punto da annientare le mie facoltà, e mi è possibile recuperarle e liberarmi da simile ossessione solo addossandomi una larga parte di pericolo e di sventura. Questa è la sola condizione che mi permette di lavorare” (Weil 1957, p. 199).
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