Sette domande a Marcello Massenzio su Ernesto de Martino e la sua opera
DOI:
https://doi.org/10.53145/indiscipline.v2i2.143Parole chiave:
Crisi della presenza, destorificazione, complessitàAbstract
D. Puoi raccontarci uno dei retroscena delle recenti ri-pubblicazioni francesi e italiane di Ernesto de Martino che avete promosso?
R. Più che di retroscena parlerei di un momento estremamente delicato nell’edizione francese (2016) della Fine del mondo, molto diversa dalla precedente versione italiana (1977). Il volume prevedeva l’introduzione dei tre curatori. Daniel Fabre non ha potuto completare la sua parte perché è scomparso prematuramente ed è toccato a me e a Giordana Charuty chiudere il suo lavoro. Ci è venuta in mente un’idea rivelatasi molto fertile: attingere a uno scritto in cui Fabre aveva già trattato la Fine del mondo, inserendo de Martino in un pantheon di grandi intellettuali europei: Daniel, in nome dell’anthropologie de l’histoire, ha posto in relazione de Martino con Weber, Dumont, Huizinga, Ariès, Francastel, Foucault, proprio per dare la misura della portata europea del suo pensiero.
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