Sulla rivista

La rivista vuole essere espressione di libertà scientifica. Libertà da cosa? In prima battuta dai processi di valutazione, anche se non dalla valutazione in quanto tale, in primo luogo quella dei nostri lettori. Il gruppo di coordinamento e, se necessario, quello dei collaboratori si incaricheranno di valutare i materiali raccolti. Intenzionalmente, non ci siamo dati comitato scientifico ed editoriale. Il nome sottolinea l’intenzione di uscire dai reticoli organizzativi divenuti tipici delle riviste accademiche e dalle metodologie della loro classificazione, che spesso rendono complicate le procedure e periferico il ruolo delle redazioni e dei consigli scientifici. Speriamo di fare un buon lavoro, onesto, intelligente e anche un po’ provocatorio. Ma, detto in estrema sintesi, non ci interessa la logica corrente dell’eccellenza. 

In secondo luogo, libertà dai confini disciplinari. La nostra è una rivista semestrale open access di scienze sociali: il concetto è sufficientemente chiaro da non richiedere, per lo meno in un editoriale, dotte disquisizioni. Saremo ben felici di recensire lavori interdisciplinari, che si muovono ai confini dei saperi; lavori diversamente orientati – dal punto di vista degli approcci e dei paradigmi scientifici e culturali – che affrontano i medesimi problemi; oppure, più semplicemente, lavori disciplinari che portano contributi importanti alla conoscenza della realtà sociale. 

Ultimo numero

V. 3 N. 1 (2023): Indiscipline
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La sezione monografica che apre il numero si propone programmaticamente come indisciplinata. In primo luogo perché dedicata a temi e questioni – l’intersezionalità e i linguaggi di genere – che spesso sfidano il mainstream del sapere accademico, dei suoi formati e dei suoi registri; poi, nello smascherare le finte concessioni di spazio loro concesso; infine, per il suo invitare a pensare diversamente materie di studio e modi di fare ricerca tra (in) discipline. Emanuela Abbatecola, Marinella Belluati e Luisa Stagi hanno curato la raccolta di interventi su una selezione di testi (ivi compreso un romanzo e gli episodi di un podcast) sulle pratiche discorsive come modi di fare maschilità o di generare violenza e, più in generale, sullo spazio del discorso come spazio pubblico da costruire e presidiare; sul contributo dei metodi di ricerca creativi allo studio di diverse forme di alterità; sui femminismi contemporanei e sulle pratiche creative e trasformative fondate su una metodologia della decolonialità; sulla proposta di universalizzazione dell’etica e della pratica della cura, tradizionalmente considerata particolarismo femminile. Le curatrici non hanno però trascurato i temi più classici e frequentati di questi ambiti, come le disuguaglianze di genere nei percorsi scolastici e nelle professioni, o nella rappresentanza politica; e il femminicidio. L’insieme dei testi analizzati compone un quadro fitto e articolato, su cui è possibile ritagliare molteplici e originali percorsi di lettura.

Pubblicato: 2023-04-19

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